Marcello Introna – Percoco

Percoco è un romanzo della memoria. E’ il romanzo del recupero della memoria. Della memoria di una storia dimenticata da quasi tutti, anche da chi ha vissuto la psicosi e la paura seguite ai fatti raccontati.

È il romanzo di una Bari che si sta riprendendo, più o meno, dai tragici avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale.

La Bari di Percoco non è una così lontana da quella dei professionisti dei romanzi di Carofiglio o di Lupi di Fronte al Mare di Carlo Mazza.

È la Bari del dopoguerra, che forse non si è ancora ripresa dal bombardamento che ha segnato la sua guerra ma che cerca di ricominciare in tutti i modi una vita tranquilla dopo gli affanni degli ultimi anni.

È la Bari dei genitori dei professionisti di oggi.

Famiglie piccolo borghesi ossessionati dalla scalata sociale, dalla carriera dei figli sui quali riversare le loro aspirazioni, i loro desideri di rivincita, i loro sogni di scalata sociale.

Franco Percoco nasce in una di queste famiglie.

La famiglia Percoco è l’esempio di questa volontá di crescita sociale, accentuata, in questo caso, dalle “disgrazie” da nascondere a tutti e da rimuovere dalla memoria e dalla vita.

Franco si ritrova, con un fratello cleptomane rinchiuso in carcere e l’altro malato di mente, destinatario unico delle ambizioni di rivalsa sociale dei suoi genitori.

I genitori del protagonista meritano particolare attenzione.

Un padre che sembra assente, perso nelle pagine di un quotidiano che diventa il suo rifugio, ma che si dimostra come il buono della famiglia e una madre assillante, ossessionata dalle disgrazie della famiglia, che vanno nascoste al mondo e ai vicini, ma in realtà  desiderosa di sbandierarle in giro.

Una famiglia lontana dallo stereotipo italiano, padre severo e duro, madre dolce e protettiva.

Nella famiglia Percoco questa situazione si ribalta. Il padre difende, rincuora, asseconda Franco, mentre la madre, proveniente da una famiglia di possidenti e professionisti e desiderosa di elevare la famiglia Percoco a questa stessa condizione, si dimostra spesso dura con il povero Franco, arrivando a rinfacciargli apertamente la sua inettitudine.

Perché Franco è un inetto, una nullità, una persona che vorrebbe ma non ce la fa proprio a concludere qualcosa.

Scuola, universitá, carriera militare. Franco Percoco inanella una serie di fallimenti incredibili. L’unica cosa che gli riuscirà bene sarà il crimine che lo renderà famoso nell’Italia del dopoguerra. Franco diventa l’antesignano di tutti i killer familiari, il precedente dimenticato delle sanguinolente storie familiari che oggi animano i dibattiti televisivi italiani.

Se Percoco avesse compiuto il suo folle gesto ai giorni nostri, di sicuro, gli sarebbero stati dedicati ore e ore di programmi televisivi, intere puntate di talk show, paginate infinite di giornali e, forse, un paio di fiction. La casa degli orrori, con la crepa rivelatrice (ricordo del bombardamento di Bari), sarebbe stata riprodotta in plastici e le immagini del massacro sarebbero state mostrate all’infinito. Franco sarebbe stato analizzato da studiosi, giornalisti e gente pagata per esprimere le proprie opinioni.

Franco il turco, il truce, l’esaurito. Franco dai tanti soprannomi e dalle tante personalità. Franco spigliato, affascinante, millantatore, freddo, calcolatore. Franco esaurito, pauroso, assente, bloccato.

Il romanzo di Introna ci racconta tutte queste sfaccettature del suo protagonista, senza mai condannarlo o giustificarlo, e in alcuni casi Franco diventa simpatico e si prova un po’ di tenerezza per questo personaggio inetto e incapace di portare a termine qualsiasi cosa.

 

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